Plastiche apparenze: dai Plumcake a Gianni Cella
10 Maggio 2023Attenti a quei due: la presentazione dei cataloghi di Gianni Cella e Aldo Spoldi
21 Giugno 2023Quando ci si addentra in una galleria o in un museo ci si muove spesso con circospezione, quasi con timore, spaventati all’idea di essere richiamati da un guardiano su una sedia di plastica o terrorizzati dal suono di un allarme perché avvicinati troppo per osservare un’opera.
Le opere di Gianni Cella, plastiche apparenze, come suggerisce il titolo della mostra in corso fino all’11 luglio alla Fondazione Stelline di Milano, sembrano invece invitare l’osservatore ad avvicinarsi, interagire, curiosare. Nella loro apparente inquietudine e silenziosa fissità ci comunicano messaggi semplici e immediati, spezzando l’ambiente della torre d’avorio nella quale spesso l’arte contemporanea si trova incastrata.
E per spezzare del tutto tale sensazione di luogo sacro e intoccabile ci sono le testimonianze degli addetti ai lavori. Le opere d’arte sono prima di tutto oggetti che in qualche modo devono arrivarci nello spazio espositivo, qualcuno deve averle trasportate, montate, appese, spostate.
È attraverso il racconto per immagini di Marco Mignani che è possibile oggi narrare al pubblico come nasce una mostra e forse anche spezzare la magia e strappare un sorriso.
Chi ha avuto modo di visitare la mostra si sarà chiesto come è stata tracciata la sagoma in gesso dell’opera Ex aequo (2005): niente di più semplice, Gianni Cella si è sdraiato a terra, come un morto, mentre Corrado Bonomi ne delineava i contorni.
L’Orologio di Lombroso (2011) per poter essere installato necessitava di una preparazione precisa, creando una base circolare perfetta in modo da predisporre le lancette e le piccole teste sulla parete. Non è stato possibile invitare direttamente il maestro Giotto per disegnare un cerchio perfetto, nemmeno l’uomo vitruviano era disponibile, quindi si è utilizzato un chiodo, una matita e una corda, alla vecchia maniera. Rimaneva però il problema di come cancellare le tracce a matita, anche qui, soluzione facilissima: una parola cortese al desk e le gentili ragazze del foyer ci hanno prestato una gomma da cancellare.
L’installazione degli Ex voto (2003 - in progress) non è per i maniaci dell’ordine, né della simmetria. Non è né studiata né calcolata la composizione creata per inchiodare al muro i piccoli quadretti di Cella, solamente un sacchetto di chiodi e un martello e l’artista che “a sentimento” ricopre la parete. In un certo senso tale installazione è quasi una performance, l’atto stesso di appendere al muro tanti quadretti votivi in maniera spontanea doveva proprio ricreare l’effetto delle pareti delle chiese ricoperte di ex voto, doni e icone, aggiuntesi nel corso dei secoli senza alcuna programmazione a monte.
Due passi indietro, un occhio chiuso e un metro da muratore e anche gli alieni del Caos primigenio (2018 - in progress) prendono posto sulla parete, le mensole si fissano e si appoggiano le opere, i piccoli mostri azzurri de Lo Spirito del lago (2015 - 2016) fuoriescono dai loro imballaggi e si posano a terra alla ricerca della miglior composizione.
La soddisfazione e il sorriso alla fine dei lavori nascono dopo giorni, anche settimane, di organizzazione, telefonate, cambi di programma, imprevisti. Allestire una mostra fa parte del lavoro creativo ma dietro all’immaginazione dell’artista e alle idee del curatore c’è sempre un grande team di persone che rendono possibile l’apertura al pubblico.
La Fondazione Stelline ci ha offerto uno spazio liberamente plasmabile, flessibile, una tela bianca sulla quale dipingere e un supporto eccezionale per la quale ringraziamo con tutto il cuore.
Marianna Cappia
Ufficio Stampa Gianni Cella